Oggi parliamo di Devil May Cry – La serie, nuova produzione Netflix. L’autore è Adi Shankar (Castlevania, Castlevania: Nocturne, The Guardians of Justice) che prova ad adattare (come, lo vedremo nell’articolo, N.d.A.) il famoso videogioco.
Siamo ormai abituati a quello che non può più essere definito il “nuovo trend” di Netflix. Quando i costi lievitano, gli sceneggiatori scioperano e gli attori incrociano le braccia, c’è un’unica risposta. Il prodotto che non delude in quanto adattamento, possibilmente da un franchise di pregio, che si porta dietro un folto numero di fan.
Ecco, questo è il caso di Devil May Cry – La serie.
Una voce nota
Quando Johnny Yong Bosch (Bleach, Akira, Blue Exorcist, Final Fantasy, Naruto) ha fatto l’audizione per un nuovo ruolo non sapeva niente del progetto. Era infatti segnato come ancora senza nome ed il personaggio che avrebbe dovuto interpretare era chiamato David.
Solo al ricevimento della notizia dal suo agente che il ruolo sarebbe stato suo, ha scoperto che avrebbe dato la voce a Dante, il cacciatore di demoni protagonista della serie Devil May Cry.
Ora, non ci sarebbe niente di strano o divertente, se non per fatto che nella sua carriera decennale Bosch ha dato la voce a Nero. Un personaggio che, a tutti gli effetti, è il figlio/nipote di Dante. Condividono infatti la stessa energia demoniaca che ha creato sia lui che il gemello Virgil, anche se la loro storia è un po’ più complessa…
Sono quasi vent’anni che in un modo o nell’altro il suo nome è legato a questa fortunata serie.
Devil May Cry – La serie: Una boccata di aria fresca
È un problema tutto occidentale se, nel momento in cui si pronuncia la parola animazione, la mente corra subito ad un prodotto per bambini. L’animazione non è solo composta da grandi occhioni da cerbiatto e da storie a lieto fine.
L’animazione, specialmente quella che viene dal Giappone, o che si ispira a storie provenienti dal paese del Sol Levante, è un prodotto pensato proprio per essere consumato da un pubblico più maturo. Devil May Cry – La serie ne è un esempio lampante.
La violenza, il sangue, la follia, ci sono e sono rappresentate per tutta la durata degli otto episodi che compongono la prima stagione.
Atmosfere pop che riportano alla memoria l’animazione dei primi anni duemila. Questo è quello che Adi Shankar offre al pubblico.
Come gli esperti del settore già sanno, Shankar è la persona a cui si rivolgono gli ideatori di videogiochi che vogliono vedere il frutto del proprio lavoro fruibile anche per coloro che di giochi non si interessano.
Questa volta ha unito le forze con gli animatori di Studio Mirr (The Legend of Korra, X-Men’97) e il suo adattamento usa diverse fonti. Ai personaggi resi noti dai videogiochi si affiancano ambientazioni e storie che appaiono in alcuni manga ispirati dal gioco, ed anche alcuni libri scritti sull’argomento.
Si notano soprattutto gli omaggi a Devil May Cry 5 che è il gioco sicuramente più facilmente riconoscibile per i più.
Sebbene siano numerosi i riferimenti ad eventi che si sviluppano nell’arco dei vari giochi, questo adrenalinico prodotto, che si svolge nella durata di due giorni, rappresenta un prequel agli eventi della serie principale.

Devil May Cry – La serie: Un po’ di storia
[Mild Spoiler, N.d.A.]Lo show si apre con un attacco ai Musei Vaticani che si trasforma presto in un attacco senza precedenti al cuore stesso della Cristianità.
Il nemico? Un mostro antropomorfizzato che ricorda il Bianconiglio di Lewis Carroll. La sola cosa rubata? Una spada che avrebbe il potere di abbattere le barriera tra il nostro mondo e l’Inferno.
Questa è la premessa che porta Dante, un cacciatore di demoni senza passato, senza cognome e con l’attitudine di chi non riesce a prendere niente sul serio, neppure il suo lavoro, ad incrociare i suoi passi con quelli della DARKCOMM. Questa è un’unità speciale sotto il comando diretto del vicepresidente degli Stati Uniti, uno zelota vero e proprio. Infatti ha votato la sua esistenza, e quella del suo gruppo, alla distruzione di ogni tipo di demone. Senza porsi troppe domande sul perché alcuni abbiano deciso di attraversare la barriera e vivere nascosti un mondo a loro così ostile.
A guidare la squadra di cacciatori di demoni è Mary, che fin da subito vede Dante come un mezzo per raggiungere il suo scopo. Mai come una persona o, anche semplicemente, come un possibile alleato.
Mise en place e sottotesto (neanche troppo velato)
Shankar ambienta quello che a tutti gli effetti potrebbe essere un incubo infernale in salsa pop in una New York cupa e cadente. Solo che noi che assistiamo alla serie non rimaniamo però scandalizzati nel vedere i suoi grattacieli crollare sotto lo sguardo annoiato della popolazione civile, ormai assuefatta (anche noi?) alla violenza.
Quella vera non si consuma nelle strade, ma dietro le porte chiuse di case dove famiglie, apparentemente normali, si trovano intente a distruggersi.
Questo caotico e roboante prodotto, dietro alle scene d’azione magistralmente rese sullo schermo, è una chiara condanna al cieco patriottismo, incarnato dal Vicepresidente e dal suo fanatismo armato.
Tutto ciò che è diverso da noi, sembra dire il suo personaggio, è un nostro nemico. Deve essere distrutto prima che distrugga noi.
La rappresentazione che Shankar offre è quella di un’America sull’orlo del collasso, instabile e combattuta tra una dannazione letterale e un collasso metaforico. Una situazione non distante da quella che lo stesso Shankar ha vissuto di persona quando, a 16 anni, si trasferì in America a due giorni dall’Undici Settembre.
LEGGI ANCHE: Hazbin Hotel – Serie animata sì, ma non per bambini
Torniamo alla storia
I problemi cominciano quando è più facile comprendere le ragioni dei demoni che non le azioni degli uomini. Ma soprattutto quando i demoni stessi sembrano essere mediatori migliori degli uomini!
Ed è solo nel settimo episodio che il quadro diviene davvero chiaro.
Un racconto muto di due storie parallele.
Un bambino abusato che trova riparo nei libri e in un mondo parallelo in cui viene accettato come non gli è mai successo tra gli uomini. Una bambina all’apparenza felice, con una famiglia unita ed una casa in cui vivere.
La violenza del mondo umano e l’accettazione che si può trovare solo tra esclusi da una parte. Dall’altra, la follia che entra nella vita di tutti i giorni sotto forma di ossessione.
Ma quando il mondo che lo ha accettato si trasforma in una trappola mortale per la famiglia che si è scelto, il bambino abusato diviene in qualche modo salvatore. Allora comincia a portare quella che sente come la sua gente, dall’altra parte.
Quando il mondo che la bambina conosce collassa, a causa della violenza del padre che diviene carnefice, dopo aver studiato i demoni troppo da vicino, lei diviene a sua volta carnefice contro tutti coloro che sono diversi.

Mary e Bianconiglio: due facce della stessa medaglia
Questo è il solo momento in cui l’animazione smette di essere estrema e pirotecnica, al limite dell’iperstimolazione sensoriale, ma che inchioda lo spettatore allo schermo mentre gli Evanescence rimbombano nelle orecchie insieme alle urla dei demoni squartati da Dante.
Ed è anche il momento in cui ci si chiede per la prima volta chi siano i demoni e chi gli umani…
Devil May Cry – La serie: Tutto perfetto, ma con un ma
Sebbene questo non sia un adattamente letterale e Dante si trovi a condividere lo schermo con la presenza ingombrante di Mary, chiamata così in onore della Vergine, è un prodotto che anche i fan di vecchia data apprezzeranno.
Tutto molto bello. Anche troppo. È giunto dunque il momento di parlare delle dolenti note, o della nota stonata che risalta ancora di più proprio perché inaspettata.
Se c’è un personaggio debole nella narrazione è proprio quello di Mary. Tanto rabbiosa e determinata da scadere nel banale. È un personaggio monocorde, indottrinato fino all’inverosimile, accetta il fanatismo del Vicepresidente come se fosse una nuova religione.
Non pensa con la sua mente, ma con quella di lui. Anche quando sembra che i dubbi comincino a farla dubitare di se stessa, il tutto passa in pochi secondi. Tecnicamente è lei che scatena tutto, ma si guarda bene dal prenderne coscienza.
Peccato, perché la contrapposizione con la figura di Dante poteva essere molto meglio sfruttata se Mary avesse avuto convinzioni proprie.
Cercando di capire le ragioni per questo fallimento nella creazione del personaggio una cosa salta all’occhio.
Mary non ha autonomia. Non perché vittima degli eventi, ma perché, semplicemente il suo è un personaggio costruito come se fosse un personaggio maschile, in un corpo femminile.
Alla fine dei giochi la verità è che è un personaggio scritto male. Questo abbassa di almeno un punto la media dell’intero prodotto che è comunque oltre la media.
VOTO 8/10
Anziché 9/10
Con la speranza che, se ci sarà una seconda stagione, gli autori si impegnino a migliorare le problematiche che abbiamo evidenziato!