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Golia – Cinema Italiano delle origini

Con Golia il cinema Italiano batte un colpo, finalmente!

Locandina di Golia opera prima di Roberto Marra e Stefano Salvatori

Grazie alla loro opera prima Roberto Marra, che è anche lo sceneggiatore, e Stefano Salvatori riportano il Cinema Italiano alle proprie origini, troppo a lungo dimenticate. 

Il cinema italiano non nasce per supereroi e cinepannettoni, ma come critica e denuncia di una società che troppo spesso non accetta di essere giudicata. Ci pensa allora l’occhio impietoso della macchina da presa, ad esporre gelosie, crudeltà, piccole e grandi azioni che vengono commesse tutti i giorni a scapito dei più deboli. 

Il cast non è composto dai nomi dello star system. Il film è delicato eppure onesto, colpisce al cuore dello spettatore, ma soprattutto pone e fa riflettere su domande che sono difficili da accettare.

Presentato in anteprima alla quarantacinquesima edizione del 45° Festival Internazionale del Cinema di Mosca è un film che avrebbe meritato molta più attenzione. 

Una narrazione possente grazie all’uso del colore

Sembra una cosa strana da dire, eppure la teoria del colore si usa costantemente nel mondo del cinema. Ci sono palettes di colori usate per indicare diversi tipi di emozioni e questo film ne è un esempio. 

Marra e Salvatori fanno scelte mirate. Mostrano che, anche se questo è il loro primo film da registi, hanno comunque esperienza dei set. Questo soprattutto grazie alla loro vicinanza con diversi direttori della fotografia. 

I due registi scelgono una palette monocromatica, una selezione di diverse sfumature di una stessa tonalità, unita allo schema associativo dei colori. Scelta importantissima per il film! 

Non solo le emozioni hanno colori diversi, ma anche i personaggi, o i gruppi a cui si riferiscono. Basti pensare al modo in cui il giallo, usato per Alessandro, indica sia la saggezza e la conoscenza che caratterizzano il suo personaggio, ma anche la codardia e l’avventatezza. Il suo piano è infatti dimostrazione di questa caratteristica. Ed infine speranza, quella che Alessandro ha perso, ma che ritrova grazie a Golia

Il rosso spento è usato per gli infermieri che cercano ancora di dare dignità agli ospiti della struttura, indica eccitazione ed energia. La giovane infermiera, non ancora corrotta dal sistema e che tiene davvero a Golia, ne è la massima espressione. 

E ancora il blu, usato per Golia che rappresenta la depressione. Quando riesce a scappare con Alessandro non lo indossa più. 

Dando ad ogni personaggio o gruppo una tonalità specifica, i registi creano conflitto o vicinanza rendendo la visione, se possibile, più potente!

L’uso del colore insaturo dona poi al film una qualità onirica che rende impossibile definire fin dall’inizio se quello che si sta guardando sia una storia raccontata oppure la verità…      

Quando la conoscenza delle maestranze fa la differenza

Golia colpisce subito per il modo geniale in cui il passato del protagonista è raccontato. Una narrazione diegetica che unisce l’animazione alla finzione come modo per introdurre il passato del protagonista. Golia appunto, un ex campione di rugby che si trova adesso ad affrontare una demenza precoce. 

Mirko Frezza [Dogman (Matteo Garrone, 2018), Il più grande sogno (Michele Vannucci, 2016)] porta in vita un personaggio che per tutto il film sembra intrappolato in se stesso. Senza ricordi, senza sapere chi sia, solo. Gli altri personaggi si muovono intorno a lui con paura o con scherno. Abusando del potere che hanno, almeno metaforicamente su di lui. Come, ad esempio, il capo infermiere che strizza l’occhio alla più che famosa Infermiera Ratched di Qualcuno volò sul Nido del Cuculo (Milos Forman, 1975). 

Golia è un ex rugbista affetto da demenza precoce

Tutto il film mostra un evidente parallelismo con il capolavoro di Milos Forman pur mantenendo una sua identità del tutto personale.

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Tutto sembra stagnare finché lo spettatore non incontra il personaggio di Alessandro. Giorgio Colangeli [Pasolini, un delitto italiano (Marco Tullio Giordana, 1995), La Cena (Ettore Scola, 1998), L’amico di famiglia (Paolo Sorrentino, 2006), Il giorno + bello (Massimo Cappelli, 2006), Il Divo (Paolo Sorrentino, 2008)] interpreta un professore che è l’opposto di Golia. Un uomo che ha ancora la sua mente intatta, ma è intrappolato in un corpo che non funziona. 

Alessandro è l'opposto di Golia: la sua mente è salda mentre il suo corpo no

Insieme, grazie anche all’aiuto di Guido. Pietro De Silva [La vita è bella (Roberto Benigni, 1997), Un amore di strega (René Manzor, 1997), I fobici (Giancarlo Scarchilli, 1999), L’ora di religione (Marco Bellocchio, 2002)] interpreta un tecnico del suono che ha lavorato per Fellini. Insieme mettono a punto un piano per la libertà che contro ogni aspettativa, funziona. 

Perché stiamo facendo tutto questo?
Qua dentro c’è puzzo di merda… che ci toglie la dignità…
Mi ci stavo abituando anche io a sta puzza, fino a quando ho conosciuto un gigante con la testa tra le nuvole e il cuore sedato… 

Golia è un manifesto!

Guido funge da ponte tra Golia e Alessandro

Certo ci sono ostacoli che sembrano più insormontabili di altri. Come appunto il capo infermiere e la dottoressa che una volta scoperto il piano fanno di tutto per impedire che Alessandro e Golia possano anche solo incontrarsi. 

È solo grazie all’aiuto di Guido, e delle sue conoscenze, che Alessandro può fare ascoltare la sua voce a Golia. Lo risveglierà così dal torpore in cui le droghe lo hanno lasciato. 

Guido è originario di un mondo non ancora invaso dal digitale. Nel suo lavoro ha sempre dovuto arrangiarsi e trovare soluzioni che doveva spesso inventare. Grazie a queste sue capacità, difficili da dimenticare, salva un nastro rotto e calpestato. Lo stesso nastro che segna il momento del risveglio e prelude alla fuga.   

Golia: Memoria e immaginazione

Due temi fondamentali del film sono appunto la memoria e l’immaginazione. La memoria di chi siamo stati, che a volte ci viene strappata da una malattia subdola e insidiosa. L’immaginazione come unica forma di libertà quando il nostro corpo ci intrappola, o è intrappolato. 

Temi difficili da affrontare senza trasformare un film in una tragedia dura da digerire. Lo spettatore ha bisogno, quando messo di fronte a temi così duri, di momenti di pausa e sollievo. Questi però non devono andare ad intaccare l’atmosfera e non devono distrarre dall’argomento centrale.

I due registi lo sanno e offrono tale sollievo con il personaggio di Giobbe Covatta [Poveri ma ricchi (Fausto Brizzi, 2016), Il mammo (serie tv del 2007), Il caso Pantani – L’omicidio di un campione (Domenico Ciolfi, 2020), Dio li fa poi li accoppa (opera teatrale 1999)]. Il suo frate dall’interpretazione azzardata del vangelo, riesce a offrire conforto senza uscire dal mood del film.

Risulta difficile non pensare a due film in particolare che hanno trattato, in maniera unica, questi due argomenti. 

Si è già citato Qualcuno volò sul nido del cuculo. Il parallelismo con Golia poggia non solo sul fatto che entrambi trattano la malattia, mentale da una parte e degenerativa e sociale dall’altra, ma anche e soprattutto nella figura del capo infermiere. 

Come Retched anche lui ha la rabbia contro il mondo che lo rende del tutto inadatto al suo ruolo. Nella stessa maniera in cui lei se la rifà sui pazienti, ospiti nel caso di Golia, come dice la dottoressa. Nella stessa maniera di lei ha un segreto, è infatti il padre della dottoressa che comanda l’intera struttura.

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Eppure è il film Remember (2015) di Atom Egoyan che mostra le maggiori similitudini con il film di Marra e Salvatori.  

Un uomo tradito dalla propria memoria, Christopher Plummer [Tutti insieme appassionatamente (Robert Wise, 1965), Cyrano De Bergerac (teatro), Danton’s death (teatro)] segue le indicazioni di un altro coinquilino della casa di riposo dove sta trascorrendo gli ultimi anni della sua vita. Martin Landau [Tucker: The man and his dream (Francis Ford Coppola, 1988), Ed Wood (Tim Burton, 1994), The Greatest story ever told (George Stevens, 1965), Cleopatra (Joseph L. Mankiewicz, 1963), Sleepy Hollow (Tim Burton, 1999)] lo guida, tramite una lettera. Dettagliatamente scrive, punto per punto, tutto quello che deve fare, in un viaggio alla ricerca dei criminali Nazisti che sono sfuggiti alla giustizia per anni. Entrambi sono ebrei, sopravvissuti ai campi, o almeno questo lo spettatore è portato a credere. 

Landau è in sedia a rotelle, per questo non può andare da solo. Plummer ha appena perso la moglie e dunque è libero di portare giustizia al loro popolo, contro coloro che non hanno pagato. 

Solo per scoprire poi la terribile verità: Landau lo manda alla ricerca di se stesso. Una guardia dei campi, uno di coloro che decisero di non affrontare le conseguenze delle proprie azioni. Arrivando addirittura a tatuarsi un numero sul braccio e passare la vita nei panni di qualcuno che aveva odiato.

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La memoria, in questo caso, è un mostro senza pietà.

Landau sa la verità e ricorda. Aspetta che la moglie di Plummer muoia, perché innocente a all’oscuro di tutto, e poi manda Plummer verso la distruzione di sé. Eppure la memoria ha cambiato Plummer, che adesso non sa davvero chi sia.

Così la memoria muove Golia a cercare la libertà per riunirsi alla sua famiglia. Una famiglia che non ricorda a causa della malattia, ma che vuole cercare, forse per dirle addio in maniera dignitosa. La memoria muove Alessandro ad aiutarlo, perché Golia è tutti loro, e forse anche tutti noi…

Un film da guardare e riguardare e soprattutto da ricordare!

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