Parliamo di Control, il videogioco della Remedy Entertainment onirico e misterioso che però non riesce a superare il mito di Alan Wake.
Control è un videogioco firmato Remedy Entertaiment, uscito a metà 2019. Come i suoi predecessori, può essere catalogato come un gioco di azione e avventura, sparatutto in terza persona. Remedy continua anche a spendere risorse nel comparto tecnologico, proponendo uno dei primi prodotti videoludici a sfruttare il Ray Tracing, fortemente promosso dal colosso Nvidia.
Dopo la delusione del mediocre Quantum Break, ero indecisa se mettere le mani o meno su un nuovo prodotto firmato Sam Lake. Ma alla notizia dell’AWE DLC che avrebbe visto nominare, se non apparire, il mio (immaginario) scrittore horror preferito, non ho resistito. Vediamo dunque di cosa parla Control e quali sono le sue caratteristiche principali.
Di cosa parla Control?
Iniziamo parlando della storia di questo videogioco.
Il Federal Bureau of Control è una misteriosa e sconosciuta agenzia nascosta tra le strade di New York City, luogo perfetto dove nascondere un immenso edificio di stampo brutalista senza che dia eccessivamente nell’occhio. Jesse Faden, la protagonista, viene introdotta con un dialogo mentre ci porta dentro l’edificio.
Il mistero del gioco
Jesse parla con noi o con qualcun altro? Non importa. Volutamente i dialoghi risultano ambigui, forniscono subito un’impronta onirica e misteriosa, familiare agli appassionati di Alan Wake. Ma è più forte il senso di confusione, che d’intrigo.
Molta di questa caratterizzazione del mondo borderline è dovuta a forti ispirazioni dall’universo del SCP Foundation: anche in Control, innocui oggetti di uso quotidiano possono nascondere una volontà propria e capacità soprannaturali. Una papera di gomma può avere il potere di teletrasportarsi per giocare a nascondino, o un posacenere può modificare un edificio trasformandolo in un labirinto, invece un floppy disk da otto pollici può conferire capacità telecinetiche.
Cosa ci porta al Federal Bureau of Control
Il nostro obiettivo è entrare dentro la Oldest House, la sede del FBC, e comprenderne i segreti, fino a che i misteri dell’Agenzia non combaceranno con quelli di Jesse, e incominceremo finalmente a incastrare i pezzi e trovare un vago senso logico.
L’edificio non è solo l’ambientazione in cui sono racchiusi gli scontri, gli obiettivi e i personaggi secondari. Infatti, la Casa è viva, animata, risponderà alle azioni di Jesse e ci ricorderà, con i suoi cubicoli ordinati, i poster motivazionali e tecnologie degli anni ‘60, quanto il raziocinio abbia poco a che fare con le capacità di fornire ordini facilmente eseguibili.
Jesse in passato ha “guardato dietro al poster”, ovvero ha potuto sbirciare oltre la realtà che conosciamo tutti, e per questo è stata presa in custodia dalla FBC. Dopo un breve periodo è riuscita a scappare, ma diciassette anni dopo suo fratello si trova probabilmente ancora lì. Jesse è stata mandata nella sede del FBC da qualcuno, o meglio qualcosa che riesce a comunicare nella sua testa. Questo qualcosa è Polaris, una entità extradimensionale, alleata indispensabile per combattere i nemici e ottenere i poteri. Questo piccolo escamotage di un’entità invisibile nella testa della protagonista, permette di creare dei dialoghi interni che sembrano riferirsi direttamente a chi gioca.
I monologhi di Jesse non vengono mai a mancare. Infatti, numerose volte, quando la protagonista conversa con i dipendenti del FBC, la scena si interrompe brevemente per porre l’inquadratura sul dettaglio degli occhi di Jesse e farci ascoltare frasi interiori che aggiungono poco o nulla alla narrazione. Necessità di ricordarci quale sia il carattere di Jesse, o un bisogno aziendale di mostrare le capacità di dettaglio del motore grafico?
I meccanismi di Control
Per metà del gioco tutti i dialoghi, le situazioni assurde, le storie nascoste tra le lettere e i messaggi audio collezionabili, mi avevano intrigata e incuriosita. Ma le ore spese ad accumulare oggetti e informazioni a cosa portano? Mantenere l’aura di mistero è probabilmente fondamentale per un’opera che tratta tematiche di cospirazione e pseudoscienza. Ma specialmente arrivati agli ultimi capitoli della storia, l’imperativo e il concetto di controllo che permeano tutta la storia nei primi atti svaniscono più per un senso di spaesamento da parte degli autori, che come elemento principale della storia.
Il gameplay segue gli standard dei giochi d’azione tripla A attualmente in commercio: scontri animati e frenetici, vasto set di armi a disposizione, variegato numero di poteri e un discreto livello di personalizzazione e boost. Non c’è un’enorme innovazione in tutto ciò, e la difficoltà è spesso pigramente impostata, dal level design, con un numero eccessivo di nemici che ti attaccano durante lo stesso momento. La risoluzione degli scontri hanno così il difetto di apparire sempre più spesso come tentativi di fortuna che di vero impegno strategico.
Il confronto
Dopo l’insuccesso di Quantum Break, e dopo la fatica di superare la delusione di un finale affrettato di Control, sono sempre più sicura che Sam Lake faccia fatica a superare il mito di Alan Wake.
Anche se l’AWE DLC sembra fornire alcune spiegazioni sull’universo del FBC, il fatto che sia stato reso disponibile a un anno dall’uscita di Control porta a pensare solamente che ciò che dava forza all’universo (quasi) inspiegabile di Alan Wake sia stato utilizzato come leva per giustificare il non-sense dadaista di Control e lanciare l’hype per un probabile sequel di AW. Inoltre, un secondo titolo di Alan Wake potrebbe doversi sobbarcare l’ingrato compito di dare un senso alla matassa incomprensibile delle avventure di Jesse.
In Control c’è la volontà di assemblare un mondo di misteri che si scontrano contro il raziocinio del nostro universo, ma manca la capacità di controllo (perdonatemi la battuta) dei meccanismi narrativi per mantenerci incollati allo schermo fino ai titoli di coda abilmente sfruttati in AW.
La protagonista non esiste se non per arrivare a liberare il fratello. Sondare i misteri del FBC è solo un extra. Il nemico è un’enorme entità cosmica gestita dal vuoto pneumatico caricato dalla sola volontà di invadere la Terra. Gli elementi che inizialmente potevano richiamare ad un qualche flebile senso di logica, diventano talmente numerosi da perderne il filo.
Anche il tema del controllo sembra svanire del tutto verso il finale del gioco, come se fosse stato abbandonato, forse per la paura di smontare un universo basato sull’inspiegabile.
Cosa c’è dietro il poster?
Jesse ci aveva avvertito fin da subito. “Tutto sembrerà più strano del solito.”
Per apprezzare Control non c’è bisogno di chiedere tanto. È un gioco raffinato quanto basta per passare delle ore piacevoli tra misteri paranormali e combattimenti caotici. Forse la necessità di competere in un mercato che esige giochi più lunghi rispetto a quanto eravamo abituati dieci anni fa ha costretto a scelte veloci da implementare, e ripetitive da giocare.
Forse siamo troppo abituati a trovare una logica in ciò che osserviamo.
O forse il vero motivo della sua esistenza è quello di poter apprezzare esercizi di stile visivamente eccentrici per sorprenderci un po’.